Visita in Cantina, un trend in crescita tra i turisti Italiani
L’opizione di Roberta Garibaldi esperta di Enogastronomia
PROFESSORESSA GARIBALDI IL VINO SI CONFERMA SEMPRE PIÙ UN FATTORE DI ATTRAZIONE TURISTICA? Sì, certo. Se infatti dai dati del 2017 era emerso che il 41% degli italiani in viaggio aveva visitato negli ultimi tre anni un’azienda vitivinicola e il 35% partecipato a un evento a tema, le ricerche relative al 2018 attestano la crescita di questi valori. Salgono rispettivamente al 56% e al 44%.
A COSA È INTERESSATO OGGI L’ENOTURISTA ITALIANO?
Il desiderio di fare esperienze enogastronomiche è divenuto, negli anni, un elemento trasversale che interessa non solo una cerchia ristretta di appassionati, ma un pubblico vasto, diversificato. Il 28% dei turisti italiani ha infatti dichiarato di avere intrapreso almeno un viaggio motivato dal desiderio di fare visita in cantina. E il 26% degli enoturisti è andato in tre o più cantine.
QUINDI I TURISTI DEL VINO CERCANO PERCORSI MISTI CHE CONIUGHINO ESPERIENZE ENOGASTRONOMICHE CON LE TRADIZIONI DEL LUOGO CHE VISITANO?
Esatto. Questo pubblico diappassionati gradisce soprattutto le visite ai monumenti, ai borghi e alle bellezze del territorio. C’è poi una larga fetta di persone che cerca trattamenti di rilassamento psico-fisico come lo yoga, oltre alla possibilità di trovare attività dedicate ai bambini. Per non parlare delle manifestazioni sportive come le gare podistiche tra le vigne, famose quelle delle Langhe, e le pedalate. Entrambe in forte aumento.
TRA I NUOVI ENOTURISTI, IN CRESCITA SONO SOPRATTUTTO I MILLENIALS?
Se fino a poco tempo fa il turista enogastronomico tipo era un soggetto
di media età ad alto reddito, oggi sono i Millennials, ovvero i nati tra il 1981 e il 1998, a farla da padrone. Un segmento in forte crescita nell’ultimo anno in Italia che testimonia una maggior propensione a intraprendere esperienze enogastronomiche.
IL MONDO DEL VINO DOVRÀ DUNQUE FARE SISTEMA CON OFFERTE FORMATIVE INNOVATIVE?
Sì, ora bisogna diversificare l’offerta sdoganando il concetto che la visita in cantina sia legato solo all’alcol o alla chiacchierata sugli aspetti tecnici della vinificazione. In Napa Valley in California, ad esempio, sono di moda le degustazioni dove adulti e bambini assaggiano il succo d’uva e il vino dello stesso vitigno. In Italia in vigna oggi molti produttori portano la loro identità: artisti che creano le proprie etichette, o chi fa il dog trekking, le passeggiate con i cani. La visita in cantina deve essere attiva e coinvolgere tutti i sensi come l’olfatto, il gusto, l’udito.
CHI STUDIA IL VINO DOVRÀ PRESTARE PIÙ ATTENZIONE ALLO STUDIO DELLA CULTURA DELL’ARTE DEL TERRITORIO?
A mio avviso, i corsi di studi dovrebbero spostare un po’ più il baricentro sullo studio dell’arte, della cultura e delle tradizioni del territorio, ma non solo. Mancano corsi di management hospitality: piani di studio che diano una pienezza di informazioni e preparino persone che abbiano sì le competenze sul vino, ma anche di marketing e di storytelling.
COME ENTRANO LE NUOVE TECNOLOGIE IN CANTINA?
Le nuove tecnologie, dalla realtà virtuale e aumentata, agli ologrammi, ai tavoli multimediali, possono facilitare la relazione coi turisti, prima, durante e dopo l’esperienza. Investire in tecnologia nel turismo enogastronomico significa soddisfare i Millennials, ma non solo: i dati ci indicano che il forte interesse emerge in modo trasversale. Con la tecnologia possiamo stimolare una esperienza turistica più immersiva, coinvolgente e personalizzata. Si pensi alla realtà virtuale ed aumentata nelle cantine che permette di vivere il processo produttivo sulla reale durata dei 12 mesi e non limitatamente alle due ore di visita. Chi fruisce del digital storytelling è poi tendenzialmente più soddisfatto e quindi maggiormente propenso a condividere l’esperienza vissuta.
Intervista a cura di Stefano Borelli
tratto da Il Sommelier