Fermento nel vino toscano: nasce il Consorzio di tutela Suvereto e Val di Cornia Wine
Dopo oltre 40 anni di sforzi e tentativi nasce ufficialmente, e finalmente diciamo, il Consorzio Suvereto e Val di Cornia Wine che riunisce sotto un unico ente le tre denominazioni che insistono sulla zona: Suvereto Docg, Rosso della Val di Cornia Docg e Val di Cornia Doc con le 27 aziende produttrici che imbottigliano sotto queste denominazioni.
La Val di Cornia è l’estremo lembo meridionale della provincia di Livorno che segue il corso dell’omonimo fiume. Una valle che collega le colline metallifere toscane alla fascia costiera dominata da Piombino, Populonia e dal fiabesco Golfo di Baratti. Un territorio vocato per caratteristiche geologiche, morfologiche e storiche alla produzione di grandi vini come nella ormai consolidata tradizione vinicola della costa toscana ma che per varie e imperiture ragioni mai era riuscito a fare squadra e consorziarsi. Come scherzosamente è stato fatto notare da più di qualcuno è stata forse proprio la maledetta pandemia la causa di tutto questo fermento, forse l’unica cosa “bona” che ha fatto qui il covid riuscendo dove molti prima avevano fallito.
Cabernet sauvignon, merlot e sangiovese sono i tre principali vitigni a bacca rossa della zona, che coprono circa il 70% del vigneto. I bianchi sono ovviamente rappresentati dal costiero vermentino, che copre il 7% del vigneto locale e dalla versatile ansonica.
Per lanciare questo progetto tanto atteso il novello Consorzio tutela Dop Suvereto e Val di Cornia Wine ha organizzato oltre alla classica presentazione istituzionale, una interessantissima Masterclass “Alla Scoperta delle Vecchie Annate” con l’intento di farne una analisi approfondita ma soprattutto verticale dei vini di queste terre e della aziende del territorio.
Studiare il passato per coglierne il potenziale e quindi il futuro ci è sembrato un bella uscita dai blocchi di partenza per il novel consorzio, soprattutto perché a partecipare è stato invitato un parterre di esperti e giornalisti del settore di assoluto rispetto. Dopo una bella presentazione dell’ottimo e esaustivo lavoro di mappatura dei suoli fatto da Simone Ceccherini, che a breve verrà pubblicato, a condurre le danze ci hanno pensato Mauro Paperini dell’Ais coadiuvato dal presidente del Consorzio e patron dell’azienda Guado al Re Nico Rossi e dal vicepresidente del Consorzio e ospite dell’evento nella sua tenuta Stefano Casadei.
La Masterclass è stata un bellissimo viaggio di approfondimento dove è emersa chiara a tutti l’unicità di questo territorio così ricco e vario. Tutti abbiamo concordato sull’evidenza di uno stile dei vini che è evoluto negli anni raffinandosi nel controllo e nella gestione dei legni e dei tannini. Di un ambiente naturale dove la solarità e la luce, i venti e i suoli ricchi di minerali donano ai vini maturazioni perfette e senza stress, con ph e acidità fisse tipiche solo dei grandi vini. Una facilità e un equilibrio naturale in tutto il territorio perfetto per fare vino che forse apporta unicamente il problema della gestione della alcolicità. Si percepisce un futuro definito e luminoso grazie alla riconoscibilità dei valori che il territorio esprime.
Le vecchie annate hanno dimostrato forse una concezione enologica antica sbilanciata su potenza e estrazione ma hanno dimostrato di essere vini ancora dinamici e assolutamente degni di nota. Le annate più recenti invece ci hanno dimostrato un uso sapiente della tecnica e una lettura del territorio molto più adulta e consapevole, vini più centrati nella riconoscibilità del vitigno e dell’ambiente, anche se il cambiamento climatico e il conseguente calore si fa sentire nell’alcolicità dei vini, secondo alcuni, mentre altri ne vedevano un chiaro marker di una materia e una struttura sempre più nota e marcata di tutta la costa Toscana: un chiaro segno di identità più che una questione di alcol. Altro elemento considerato è che negli anni le viti degli impianti sono cresciute nell’ambiente della Val di Cornia assorbendo e “imparando” maggior capacità di assorbire il carattere distintivo dell’ambiente dove sono cresciute. Come vitigni invece è il cabernet franc che è sembrato ai più il vitigno che meglio si è integrato rispetto ad esempio al sangiovese.
Tirando le somme possiamo dire che dagli anni ’80 in cui qui si produceva un vino chiamato Ghibello poi rinominato Ghimbergo sono stati fatti tripli salti mortali in avanti. Il futuro sembra caldo e lucente come il clima di queste meravigliose terre.
Disclaimer: I vini sono stati serviti alla cieca e solo a fine degustazione sono stati svelati annata e uvaggio dei vini ma non il produttore per scelta dello stesso Consorzio tutela Dop Suvereto e Val di Cornia Wine.
Articolo tratto da: Intravino.com