20 Dicembre 2020

Legumi, quale abbinamento con i vini del centro Italia

I LEGUMI: QUANDO SI DICE CADERE A FAGIOLO
legumi

Freschi o secchi? Questo è il dilem­ma: se sia da preferire una cioto­la di fave fresche e tenere appena sgusciate, dolci, sposate a piccoli bocconi di pancetta e di formaggio fresco – in Toscana cacio baccellone – oppure sfidar la bilancia ammol­lando un pugno di fave secche e dure poi cuocerle e ridurle in cre­ma odorosa di leggero soffritto con un filo d’olio finale a giro, la C del signor Indro, ed onorare così la me­moria dei nostri antenati italici che del macco, questo il nome del piat­to, avevano fatto l’alimento base nelle loro conquiste. Già in queste due preparazioni si scorgono linee guida per poter arrivare ad un buon abbinamento col vino.

Se freschi ed appena sgusciati i legumi manten­gono una nota dolce, come i piselli, mentre le fave hanno finale metal­lico e leggermente astringente. Se secchi gli amidi la fanno da padro­ne e si scontrano con il tannino dei rossi ed il giro d’olio ricordato, si tratti dell’antico macco, della più famosa ribollita o della più sempli­ce minestra di fagioli passati, porta grasso e morbidezza che avvolge l’amaro del tannino. Sì perché con piatti a base di legumi secchi interi o passati si impone vino rosso di struttura contenuta, giovane, da vitigni che hanno tannino morbi­do e non molto aggressivo.

L’Italia ne è ben fornita, anche sulle isole maggiori, come la Sardegna, che con Cannonau e Monica che, se non troppo alcolici e strutturati, legano bene con i loro profumi di gioventù anche con le aromatizza­zioni necessarie per vivacizzare il piatto cioè salvia, rosmarino tal­volta menta. Se poi la nostra mine­stra di legumi sale di struttura con l’aggiunta di cotenne di maiale ed altre verdure come nella jota giu­liano-dalmata dalla lunga cottura, messo da parte l’ovvio Terrano, un Morellino di Scansano con a bordo quota generosa di Grenache sarà altrettanto perfetto.

Bene anche un Chianti Montalbano, un Rosso Pice­no, un Torgiano rosso. Rosato inve­ce da uvaggio bordolese, Bolgheri, o da Aleatico, Elba o Val di Cornia, per l’indimenticata Passatina di ceci con gamberi dello chef Pierangelini del Gambero Rosso di San Vincenzo che come la Settimana Enigmistica vanta più di trecento imitazioni, tutte inferiori. Profumata dai se­greti dello chef, morbida e leggera con accenni dolci e marini quando mettevi in bocca anche un pezzetto di gambero è stato forse l’abbina­mento perfetto per i migliori rosati toscani che suggerisco insieme a Igt rosate soprattutto campidanesi da Cannonau anche per ciceri e tria sostituendo il locale Salice Salenti­no rosato. Non mi sento di compie­re acrobazie con piatti orientali e vini italiani: le mille facce del curry possono portare fuori strada, perciò è il buon tè scuro denso di aromi e tiepido il mio suggerimento. Sul curry, piano col piccante e avanti con spezie morbide, un rosso come il Monica oppure un Montecarlo giovane da Merlot e Syrah va bene, mentre tornerei al rosato già detto per la feijoada anche se le variazio­ni, scorrendo il Brasile, sono mol­tissime. Non credo interessino le innumerevoli variazioni legumi fre­schi o secchi e crostacei, molluschi o pesce: sono quest’ultimi a dettar legge al punto che non vanno tra­scurati bianchi secchi morbidi e di corpo.

Di Marzio Berrugi
Articolo tratto da Il sommelier magazine

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